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“Il ponte vecchio di Illorai — scrisse La Marmora. dopo averlo attentamente visitato — è incrollabile perché l'architetto scelse il sito opportuno dove l'innalzarono, cioè fra due rocce granitiche cui è appoggiato. Esso ha tre arcate e mezzo a sesto acuto da 15 metri di luce; la sua lunghezza e di metri 35. Sarà un monumento eterno, che ricorderà la previdenza degli antichi di fare opere, durature ai posteri”.

Costruito nel XIV secolo su preesistete struttura romana, il ponte ezzu», che si trova a pochi chilometri dal paese, fa ancora bella mostra di sé, quasi a confermare la profezia del generale piemontese.

Illorai e il primo paese del Goceano per chi vi entra dal Marghine. Con gli altri centri ha in comune la montagna, cui è addossato, e la parte pianeggiante solcata dal Tirso ma, fatto insolito nella realtà economica della zona, Illorai fu in passato anche un piccolo distretto minerario, grazie alla presenza di alcune cave di marmo, gesso e zolfo. Nulla di eccezionale per la verità perché, come sottolineò ancora La Marmora: «la miniera di zolfo non è che un ammasso di pirite che trovandosi presso d'un ruscello ed esposto all'aria e all'acqua si decompone e vi produce ... delle efflorescenze solforose; queste mescolate all'idrato di ferro formano una specie di vitriolo di cui le paesane si servo­no per tinger a nero le loro stoffe ... quanto al gesso si tratta di steatite che i sarti del paese usano per marcare il drappo, anche se con tale pietra gli abitanti di Illorai prepara­no pipe, calamai e statuette di santi ...».

Attività marginale, dunque, quella mine­raria che però conferma l'antica capacità de­gli abitanti del centro di sfruttare, in quache modo, tutte le risorse del territorio.Peraltro il bosco offriva il suo prezioso contributo di legna e di selvaggina! a mezza collina non mancavano i vigneti; nella parte pianeggiante, con resa più che sufficiente, si coltivava di tutto ma soprattutto grano come testimoniavano, fino ad alcuni decenni orsono, i resti di numerosi mulini idraulici, ora purtroppo scomparsi. Ve n'erano ben ventisei quando il paese venne visitato da Vittorio Angius che non mancò di sottoli­neare anche «la numerosa nobiltà» e soprat­tutto il «passato di prosperità di Illorai».

Era il 1839. Lo sviluppo economico e demografico si era già arrestalo da qualche decennio: ma quale fu la causa della decadenza dì Illorai? Le fonti storiche non lo dicono e lo stesso sacerdote scrittore preferì affidarsi alla tradizione orale che «conservava una oscura memoria di lunghe e accanite guerre civili che arsero tra gli abitanti» tanto che molti furono costretti a scappare.

Eppure in quegli anni risiedevano a Illorai all'incirca un migliaio di persone. Da al­lora l'incremento demografico, anche se len­to, è stato sempre continuo fino al 1951 quando ha raggiunto la punta massima con 2002 residenti, ridottisi negli ultimi qurant'anni di 900 unità: attualmente Illorai conta,
infatti, poco più di 1100 abitanti; alcune decine di meno rispetto all'inizio del secolo. Anche qui l'andamento demografico è stato subordinalo a fattori economico-sociali ma, nonostante la crisi che ha investito le campagne e favorito la fuga dal paese, Illorai non ha rinunciato all'attività agricola.

A Molìa, nei terreni valorizzati intorno agli anni Cinquanta dalla riforma, si coltiva­no oliveti e vigneti, mentre in località «Iscra» il consorzio provinciale per la frutticoltura di Sassari ha realizzato, quasi trent’anni fa, alcune aziende vivaistiche  per la sperimentazione, dove trovano lavoro operai e tecnici del paese. Al contrario di quanto avveniva in passato, Illorai vanta anche un consistente patrimonio zootecnico, con prevalenza per i capi ovini e bovini che hanno a disposizione i ricchi pascoli del territorio vasto 5700 ettari, di cui 1400 di proprietà comunale.

L'allevamento con la coltivazione, la forestazione e la vicina industria di Ottana costituiscono le principali fonti di reddito di questo vecchio centro, le cui origini risalgo­no al Mille e che fu a lungo sede di residen­za del conte del Goceano.

Al XII secolo risale la struttura origi­naria della prima chiesetta campestre di Luche, ora sconsacrata e sostituita nella devo­zione dal moderno santuario della Madonna della Neve, dove tutti gli anni, ripetendo una tradizione antichissima, si celebrano due feste: il giorno dopo la Pentecoste e il 5 agosto, entrambe particolarmente sentite dagli abitanti del paese. Non lontano dal santuario sono stati rinvenuti anni addietro i resti di un tempio pagano in cui forse veniva officiato il culto di Osiride come sembrerebbe attestare il ri­trovamento di un bronzetto nuragico raffigu­rante un bue, ora custodito nel Museo Archeologico di Sassari. Che la zona fosse abitata fin dall'antichità lo confermano del re­sto i numerosi nuraghi e le domus de janas sparse nel territorio. La necropoli, scoperta casualmente a Molìa durante i lavori per la costruzione della strada Ottana-Cantoniera del Tirso, si rivela anzi una delle più importanti testimonianze della cultura di San Michele, che si sviluppò nell'Isola dal 3000 al 2300 avanti Cristo.

Il patrimonio archeologico e la monta­gna costituiscono i principali punti di riferimento nei progetti di rilancio economico del paese: Illorai è stato in fondo uno dei primi comuni a credere nella valorizzazione del suo territorio. Anni fa a Iscuvudè, oltre 900 metri di quota, nello splendido bosco comunale, sono state realizzate strutture sportive e ricreative che richiamano sul posto gruppi sempre più consistenti dì visitatori.